Camera Alexander Langer

Pacifista e ambientalista che ha sempre rifiutato ogni nazionalismo e identitarismo, rappresenta molto bene i valori che Ciac ha sempre portato avanti nel suo lavoro di accoglienza.

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Singola con bagno in camera

Chi era Alexander Langer

Alexander Langer (1946-1995), nato in Sudtirolo/Alto Adige a Sterzing/Vipiteno, è stato giornalista, traduttore, insegnante, ha sempre sostenuto l’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera. Ha collaborato fin da giovanissimo a riviste, associazioni, iniziative civiche e ha avuto diversi ruoli politici e istituzionali in diverse liste di sinistra e verdi, a livello provinciale, nazionale e anche europeo: al Parlamento nel 1989 diventa presidente del neocostituito Gruppo Verde. S’impegna soprattutto per una politica estera di pace, per relazioni più giuste Nord-Sud ed Est/Ovest, per la conversione ecologica della società, dell’economia e degli stili di vita.

Dopo la caduta del muro di Berlino aumenta progressivamente il suo impegno per cercare di contrastare il demone crescente dei nazionalismi. Sostiene le forze di conciliazione nei territori dell’ex Jugoslavia. Il 26 giugno 1995 si reca a Cannes con altri parlamentari europei per portare ai capi di stato e di governo un drammatico appello: "L'Europa muore o rinasce a Sarajevo".

Nel 1981 e 1991 rifiuta di aderire al censimento nominativo che rafforza la politica di divisione etnica nella sua terra. Ha dedicato la sua esistenza a tentare di ricucire le divisioni dell’Alto Adige e del mondo intero, fino a diventare un simbolo europeo del dialogo interetnico. “Non siate tristi. Continuate in ciò che era giusto”: questa l’esortazione lasciata a chi restava, uno struggente invito a portare avanti anche in suo nome le battaglie sotto il cui peso lui era alla fine rimasto schiacciato.


“(...) deve essere possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione più pluralista e cosmopolita”. (…) “La convivenza plurietnica, pluriculturale, plurireligiosa, plurilingue, plurinazionale appartiene e sempre più apparterrà, alla normalità, non all’eccezione”. (…) “In simili società è molto importante che qualcuno si dedichi all’esplorazione e al superamento dei confini, attività che magari in situazioni di conflitto somiglierà al contrabbando, ma è decisiva per ammorbidire le rigidità, relativizzare le frontiere, favorire l’integrazione”.